TRANSIZIONE 4.0 La bozza del nuovo piano operativo da novembre 2020
Il testo in manovra di Bilancio prevede:
- Retroattività e consegne possibili fino a giugno 2023.
- Crediti d’imposta compensabili già nell’anno di spesa.
- Investimenti tra 10 e 20 milioni agevolati al 10%
La nuova versione degli incentivi 4.0 partirà, retroattivamente, per investimenti effettuati a partire da novembre 2020. E saranno coperte spese fino al 2022, con consegna dei beni possibile fino a giugno 2023 se si paga un acconto di almeno il 20%. A meno di imprevisti dell’ultimo minuto, è questo il compromesso raggiunto tra ministero dello Sviluppo e ministero dell’Economia rispetto all’ipotesi iniziale di una proroga fino a tutto il 2023 del piano Transizione 4.0, in scadenza a fine 2020.
Il periodo minimo di compensazione dei crediti d’imposta scende dagli attuali 5 a 3 o 1 anno.
Nel caso dei beni strumentali funzionali alla digitalizzazione (l’ex iperammortamento – Beni 4.0) scatta anche l’anticipazione della fruizione già dall’anno di investimento.
Per il resto, il nuovo Piano che entrerà nella legge di bilancio presenta ritocchi al rialzo di aliquote e massimali di investimento. Il costo stimato dai tecnici del ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli è di circa 25 miliardi spalmati lungo tutto il periodo di compensazione: in manovra, per finanziare l’operazione, sarà costituito un Fondo Recovery Plan-Transizione 4.0 agganciato alle risorse europee.
Beni strumentali tradizionali
Per quanto riguarda il credito d’imposta sui beni strumentali materiali non 4.0 (l’ex superammortamento) l’aliquota, solo per il 2021, salirà dal 6 al 10% per investimenti effettuati da soggetti con ricavi o compensi inferiori a 5 milioni (per i quali il termine di compensazione viene ridotto a 1 anno). Nel caso si tratti di beni funzionali allo smart working si sale invece al 15%. L’agevolazione del 6% viene poi estesa anche ai beni immateriali (software) non legati a processi 4.0.
Beni strumentali 4.0
Il credito d’imposta per i beni interconnessi 4.0 viene rafforzato con una clausola di décalage. Nella prima fascia, nel 2021, il limite di investimento sale da 2,5 a 4 milioni e il beneficio fiscale dal 40 al 50%, poi nel 2022 si torna ai livelli attuali.
Nella seconda fascia, da 4 milioni a 10 milioni, il beneficio sale dal 20 al 30% nel 2021, poi c’è il ritorno all’intensità attuale. Tornano anche gli incentivi per investimenti oltre 10 milioni (e fino a 20 milioni) che erano stati eliminati tra le proteste delle imprese, ma l’agevolazione è solo del 10% sia per il 2021 sia per il 2022. Per quanto riguarda i software 4.0, l’aliquota sale dal 15 al 20% e il massimale da 700mila euro a 1 milione (soltanto nel 2021).
Per i beni 4.0, come detto, l’utilizzo del credito diventa possibile già dall’anno dell’investimento (fa fede l’avvenuta interconnessione digitale) e non dal 1° gennaio successivo.
Ricerca e formazione
Per la ricerca e innovazione le maggiorazioni valgono anche per il 2022. Il credito d’imposta per la R&S sale da 12 al 20% con massimale da 3 a 5 milioni. Quello per l’innovazione tecnologica dal 6 al 10% con massimale d 1,5 a 3 milioni, ma nel caso di progetti legati a sostenibilità economica e digitale si arriva al 15%. Il tax credit per design e ideazione estetica viene incrementato dal 6 al 15% (tetto da 1,5 milioni a 3 milioni). Anche per la quarta categoria dei crediti d’imposta del piano 4.0, ovvero la formazione, scatta la proroga con la novità dell’inclusione tra i costi ammissibili anche delle spese dirette per la formazione dei dipendenti e degli imprenditori mentre oggi il calcolo è vincolato al costo aziendale riferito alle ore o alle giornate di formazione dei lavoratori.